venerdì 20 marzo 2015

Nuovo regolamento urbanistico sulle produzioni di energia. Non si blocchi lo sviluppo delle energie rinnovabili.

COMUNICATO STAMPA  

In questi giorni la commissione urbanistica del comune di Latina, la stessa che sembra essere molto distratta in merito alle varianti urbanistica che hanno concesso in questi anni di speculare sul verde pubblico, si appresta ad approvare un regolamento sullo sviluppo delle energie rinnovabili sul territorio comunale.
Nulla da obiettare sull'opportunità di regolamentare lo sviluppo delle fonti energetiche alternative alle fonti fossili ed al nucleare sul territorio comunale. Ma regolamentare dovrebbe significare regolare e guidare nella giusta direzione lo sviluppo sostenibile della nostra Città.
La bozza di regolamento presentata in questi giorni in commissione è invece un obbrobrio dettato evidentemente dall'emotività con cui alcuni cittadini stanno cercando di contrastare alcuni progetti. Si chiama in gergo sindrome NIMBY che in inglese significa, traducendolo, “non nel mio giardino”. Un atteggiamento distruttivo volto a dire “NO!” a tutti costi contro qualcosa che non si conosce e che non lo si vuole vicino casa propria.
Le fonti rinnovabili sono individuate dall'art. 2 Art 2 D.Lgs 28/2011 mutuando la Direttiva 2003/54/CE nel modo seguente energia proveniente da fonti rinnovabili non fossili, vale a dire energia eolica, solare, aerotermica, geotermica, idrotermica e oceanica, idraulica, biomassa, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas”.
Il loro sviluppo è una delle sfide più importanti che si è posta l'Europa ed anche il nostro Paese per affrontare la gravissima crisi climatica che attraversa il Pianeta e per limitare l'impiego di risorse esauribili come, appunto, le fonti fossili, carbone e petrolio in testa, di cui l'Italia ha scarsa disponibilità.
Il regolamento in oggetto ignora completamente il fatto che la legge nazionale, in linea con le direttive europee nel settore, sostiene lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili considerandolo prioritario e strategico e prevedendo significative semplificazioni che non ne limitino la diffusione.
In particolare il D.Lgs. 387/2013 all'articolo 12 comma uno le fonti rinnovabili vengono definite come di pubblica utilità, indifferibili ed urgenti”.
L'impatto ambientale ambientale delle fonti rinnovabili termiche come biomasse e biogas di potenza inferiore ai 3MW è considerato ai sensi dell’allegato IV alla parte V del D. Lgs. 152/06 “ad emissioni in atmosfera poco significative”.
Il regolamento che è in corso di discussione presenta, alla luce di quanto suddetto, molte incongruenze ed illegittimità di carattere normativo. I presupposti stessi del regolamento sono fuorvianti visto che all'interno delle materie regolamentate si associano fonti rinnovabili di vario tipo assieme a fonti non rinnovabili e, addirittura, a stazioni enemometriche, che nulla hanno a che fare con la materia che doveva essere regolamentata.
Vengono inoltre posti dei limiti illegittimi sulla potenza massima degli impianti, siano essi di biomassa o fotovoltaici, che secondo quanto scritto non devono superare il 120% del fabbisogno dell'unità aziendale in cui vengono realizzati, prevedendo che non si possano realizzare impianti a biomassa superiori ai 200 kw di potenza oppure impianti fotovoltaici superiori ai 5 KW di potenza nominale! Questi limiti non sono giustificati da alcuna norma ed il Comune non ha la competenza per stabilire tali limitazioni.
Ancora più assurda l'introduzione in questo regolamento urbanistico sulle energie rinnovabili di limitazioni sulla base della Direttiva Seveso. Avevamo letto in questi giorni diversi interventi di comitati ed esponenti politici della necessità di applicare la Direttiva Seveso per l'autorizzazione di impianti di biomassa e biogas. Mai avremmo creduto che i tecnici del Comune, che dovrebbero essere professionisti e competenti in materia, avrebbero introdotto queste previsioni.
Sulla base di quanto espresso dall'allegato 2 della Direttiva Seveso, infatti, le prescrizioni della direttiva stessa si applicano, ad esempio, nel caso di impianti che usano gas per la produzione energetica, al di sopra della soglia delle 50 tonnellate di gas.
Impianti a biogas sui il Comune ha competenza non sono impianti a rischio di incidenti rilevante ai sensi della direttiva Seveso in quanto presentano stoccaggi di gas che come peso totale è di gran lunga inferiore alle 50 tonnellate previste dalla normativa.
Altra cosa che riteniamo grave ed oggetto di illegittimità è prevedere la distanza minima di 3 km dai centri urbani come ulteriore vincolo alla collocazione degli impianti.
Questa previsione non si giustifica con alcun aspetto di pericolosità degli impianti a biomassa o biogas ed è illegittima in quanto l’allegato 3 alla parte IV del DM 10 settembre 2010 precisa al comma d) che l’individuazione di aree non idonee non può riguardare porzioni significative del territorio né tradursi in fasce di rispetto non giustificate da specifiche e motivate esigenze di tutela dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico e artistico. Tale tutela è, comunque, di competenza regionale.
Come già successo con l'applicazione illegittima di una norma urbanistica pensata per limitare lo sviluppo di impianti per la gestione dei rifiuti ad un impianto di produzione a biomassa agricola di piccole dimensioni che ha registrato la sospensiva del TAR, il Comune di Latina, se dovesse approvare tale regolamento, si esporrà sicuramente ad altre impugnazioni con il sicuro annullamento del regolamento stesso con danno per le casse comunali.
Speriamo che, nonostante l'approvazione in commissione, tale regolamento venga poi bocciato in Consiglio comunale. Lo speriamo perché auspichiamo che venga effettivamente redatto un regolamento comunale sulle energie rinnovabili che ne prenda per mano lo sviluppo senza svilirlo e nullificare il grande potenziale che tutte queste forme di energia alternativa hanno per il nostro territorio. Riteniamo che di questa materia debbano occuparsene in modo congiunto non solo la Commissione urbanistica ma anche la Commissione Ambiente ed Attività produttive. Ricordiamo, per concludere, che circa un anno fa il Comune ha approvato un PAES, Piano d'Azione per l'Energia Sostenibile, che impegna il Comune a sostenere lo sviluppo delle fonti rinnovabili e l'efficienza energetica al fine di conseguire l'abbattimento delle emissioni di CO2 in atmosfera, contribuendo così al perseguimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto.

Il Circolo “Arcobaleno” Legambiente di Latina

giovedì 5 marzo 2015

COMUNICATO STAMPA: NUOVE TECNOLOGIE PER RISOLVERE IL PROBLEMA DEI RIFIUTI SOLO RETORICA

Sentiamo in questi giorni parlare con annunci entusiasti dell'imminente avvio di una nuova fase sul fronte della gestione e trattamento dei rifiuti grazie alla realizzazione di impiantistica di nuova generazione per il trattamento meccanico biologico dei rifiuti indifferenziati.

Piuttosto di essere entusiasti e speranzosi per questa “novità” tecnologica, bisognerebbe prendere atto che la necessità di realizzare nuovi impianti di TMB rappresenta una grande sconfitta per il territorio.

A guardare, infatti, i dati relativi al potenziale di trattamento degli impianti esistenti ed osservando i valori percentuali della raccolta differenziata del bacino provinciale, ferma al palo del 22%, ci si rende condo che la soluzione a tutti i mali derivanti dalla non corretta gestione dei rifiuti è sempre stata una sola: la raccolta “porta a porta” mai attuata capillarmente nel Capoluogo e solo parzialmente o tardivamente avviata negli altri comuni della Provincia.

Quella di far credere che una tecnologia rappresenti il “deus ex machina” della corretta gestione dei rifiuti è, in ultima analisi, una retorica utile a stare sulla stampa ma che non aiuta certamente a migliorare la situazione.

La situazione c'è già, lo ripetiamo. Si chiama raccolta “porta a porta”. Una soluzione che in un colpo solo contribuirebbe, non soltanto a ridurre la quantità di rifiuti indifferenziati da inviare al trattamento meccanico biologico, e quindi in discarica ed inceneritori, ma contribuirebbe a migliorare il decoro urbano, a ridurre il peso fiscale della tassa sui rifiuti determinando un flusso economico positivo per i comuni, a creare posti di lavoro necessari nelle operazioni di raccolta e, non ultimo, creare le condizioni per lo sviluppo per le filiere industriali di recupero e lavorazione della materia prima seconda.

Affermare che contemporaneamente alla realizzazione di nuovi impianti, se pure tecnologicamente avanzati, si debba partire con la raccolta differenziata spinta è una contraddizioni in termini poiché chiunque gestisca un TMB sarebbe messo in difficoltà da un progressivo aumento della raccolta differenziata ed una contemporanea diminuzione della frazione indifferenziata da trattare.
Di conseguenza, nello scenario previsto per legge di una raccolta differenziata almeno al 65%, potrebbe succedere che una volta realizzati gli impianti, per sostenerne i piani di ammortamento, i gestori facciano pressioni sulla classe politica in Regione affinché arrivino nella Provincia di Latina i rifiuti da altre provincie, come quella di Roma, contravvenendo, così, al principio di prossimità sancito per legge.

La crisi nel sistema di gestione dei rifiuti, non nasce dal nulla, ma da scelte sbagliate, anche molto recenti, che, ad esempio, sul Comune di Latina hanno portato ad investire sulla raccolta stradale e non sul “porta a porta”. A tal proposito speriamo che presto venga pubblicata la gara per l'affidamento del servizio di raccolta “porta a porta” così come annunciato dall'Amministrazione comunale.
Intanto, dalla Regione Lazio, dovrebbero arrivare messaggi non contraddittori in materia.


Circolo Arcobaleno Legambiente di Latina